Acerra vanta un patrimonio storico-archeologico e paesaggistico alterato dal (e nel corso del) tempo, ma la consapevolezza e la conoscenza del suo valore rappresentano i pilastri su cui riattivare una vera partecipazione collettiva attraverso la memoria della sua storia e della sua identità.
C’era una volta…
Due sorgenti a nord-est dell’agro acerrano, quella del Gorgone (o Riullo) e del Mefito verso Cancello, seguivano due corsi costanti e confluivano con la piena delle stagioni invernali nel noto bacino del pantano a nord del centro abitato di Acerra, dove tutt’ora è nota la campagna che da esso prende il nome. Le paludi di questo bacino davano luogo al calcare lacustre formando un terreno pantanoso da cui si ricavano le cosiddette pietre di pantano, utilizzate, poi per le costruzioni ancora oggi presenti nel centro abitato e in periferia. Il Riullo è un affluente del più noto fiume Clanio che, nei secoli scorsi, con i suoi frequenti straripamenti ha causato l’impaludamento della pianura di Napoli, poi evitato con la costruzione, nel 1600, della rete di canalizzazioni denominata “Regi Lagni”.
La presenza di sorgenti minerali come quelle del Riullo rappresenta un elemento attrattivo naturale del Parco che ha fortemente contribuito alla definizione del paesaggio e di particolari habitat. Le acque sorgive sono state convogliate nei cosiddetti “fusari”, vasche per la macerazione della canapa, o per alimentare mulini per la produzione di farine, o addirittura vasche di decantazione utilizzate come accumulo di riserva idrica, in mancanza di acqua. La particolarità del ruscello è la presenza di zolfo e carbonato di calcio che spinse i romani a costruire, nei pressi della sorgente, delle terme romane. Grazie a questa sua peculiarità, il Riullo è stato ritenuto dalla convinzione popolare “depuratore” naturale di malattie della pelle, essendo le sue acque “dotate di un’efficacia specifica nelle malattie cutanee”. A causa, però, del progressivo emungimento della falda da parte dei pozzi della Regione Campania, presenti sulla collina del comune di Cancello, le fonti sono state rese asciutte. All’altezza del Ponte Schiavone il Canale Gorgone, che un tempo alimentava le vasche di macerazione della canapa, i fusari, e i Molini, si riunisce al Mefito, dove, oggi sorge, un edificio rurale, attualmente noto come Masseria Schiavone, nella cui parte retrostante si eleva il campanile di una chiesa oggi sconsacrata, nella quale si svolgeva la messa durante il periodo della macerazione.
Nel bosco Calabricito, nell’area retrostante in cui scorreva il corso d’acqua Riullo o Gorgone, e nelle vicinanze delle sorgenti del Riullo, sorgono due importanti edifici storici: la famosa Casina Spinelli e il Mulino all’acqua. Il Mulino all’acqua rappresenta un edificio di particolare interesse architettonico, un grande ambiente provvisto di macine ognuna delle quali costituita da due palmenti, uno fisso ed un altro ruotante, tra i quali venivano fatti passare i cereali da macinare; gli altri locali, ad esso annessi, erano utilizzati per la conservazione della farina.
La Casina Spinelli rappresenta un’eccellenza architettonica, simbolo di un patrimonio storico-artistico e culturale da conservare e tutelare; una costruzione che nel ‘700 la famiglia Cardenas di Acerra fece costruire come dimora reale di caccia per Ferdinando IV di Borbone. La Casina passò poi ai Conti Spinelli che ne fecero un museo di reperti archeologici etruschi rinvenuti nella stessa area Calabricito, sito della città sepolta di Suessola. Era il 1878, quando il Barone Marcello Spinelli, nella sua tenuta di Calabricito, in Suessola, inizia gli scavi, che portarono alla luce materiale storico osca-etrusco. Durante la Seconda guerra mondiale, la Collezione fu interamente donata da Elena Spinelli al museo archeologico Nazionale di Napoli, e da allora gran parte di essa è ancora conservata nei magazzini del Museo MANN. Oggi l’edificio, ridotto a rudere, è la più importante emergenza architettonica tra quelle sparse nelle campagne della città di Acerra.